Nino Migliori Premio Mediterraneum 2013 per la Fotografia

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La fotografia di Nino Migliori, dal 1948, svolge uno dei percorsi più diramati e interessanti della cultura d’immagine europea.

Gli inizi appaiono divisi tra fotografia realista, con una particolare idea di racconto in sequenza, e una sperimentazione sui materiali del tutto originale ed inedita. Dalla fine degli anni Sessanta il suo lavoro assume valenze concettuali ed è questa la direzione che negli anni successivi tende a prevalere.

Sperimentatore, sensibile esploratore e alternativo lettore, le sue produzioni visive sono sempre state caratterizzate da una grande capacità visionaria che ha saputo infondere in un’opera originale ed inedita. Oggi si considera Migliori come un vero architetto della visione. Ogni suo lavoro è frutto di un progetto preciso sul potere dell’ immagine, tema che ha caratterizzato tutta la sua produzione.

A fine anni Quaranta, inizio Cinquanta, Nino Migliori ha già superato i vent’anni.

È l’età ideale per vivere il clima culturale, il fervore delle iniziative e delle discussioni, il dibattito delle idee intorno all’arte in generale, alla fotografia in particolare. Contro un’arte della pura forma, una fotografia di propaganda, un’informazione che sotto il fascismo tendeva ad eludere i problemi reali del Paese, si contrappone, anche polemicamente, l’esigenza della scoperta dell’Italia reale, nella sua arretratezza, nella sua miseria, nelle sue contraddizioni, insieme con una grande, talvolta ingenua, fiducia nelle possibilità di rinnovamento e di progresso.

Il filone figurativo di Migliori degli anni Cinquanta è ricco di immagini significative, sono immagini centrate sull’uomo e sull’ambiente che ne porta i segni. In pochissimi anni, nasce un “corpus” segnato dalla cifra stilistica dominante dell’epoca: una visione della realtà fondata sul primato del “popolare”, con le sue subordinate di regionalismo e di umanitarismo. Una fotografia apparentemente dimessa ma in realtà ricca di ambizioni, attenta all’estetica oltre che all’etica, che rifiuta i bisogni poveri della rappresentazione e concede qualcosa al fascino dei sogni perduti.

Spesso si tratta di bambini, fotografati in gruppo e colti nella assoluta spontaneità degli atteggiamenti: irrequieti sulla panca di una chiesa, saltellanti come note musicali sul muro della scuola. E ci sono anche autentici capolavori, come quelle ombre scure che calano sui tavoli all’esterno della trattoria-bar, la cui scena appare ricchissima di spunti narrativi, oltre che magistralmente disegnata da una luce magica. O quel gruppo di matrimonio sui gradini della chiesa attraversato dal passaggio del venditore di palloncini, un’apparizione di sapore zavattiniano che condensa l’incanto di un momento privilegiato. (tratto da Tempo collettivo e Tempo personale di Attilio Colombo).

Sue opere sono conservate in importanti collezioni pubbliche e private e tra le sue più recenti mostre ricordiamo:

2007 

Gli anni ’60 – ’70 alla Calcografia, Istituto Nazionale della Grafica, Roma.

Fotografia Italiana 1930-1970, Manege, Moscow.

Neorealismo. Die neue Fotografie in Italien,1932-1960, Fotomuseum, Winterthur.

2008 

Terra incognita, Fondazione Magnani-Rocca.

United Artists of Italy, Musée d’Art Moderne, Saint-Etienne Métropole.

Paesaggi Infedeli, Accademia di Belle Arti Bologna.

2009 Crossroads – Via Emilia, Istituto Italiano di Cultura, Copenhagen.
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