Nós/Outras, as outras que nos alteram

Ciò che abbiamo in comune è la necessità di doverci separare.
L’attuale sfida di lasciarsi andare al proprio “io” narcisista non è lo stessa per le donne. Per coloro la cui esistenza è sempre stata legittimata dal riconoscimento degli altri, guardarsi dentro rimane un’affermazione potente. Gesto immorale con effetto di peccato.
Ciò che Sonia ci mostra qui è tutt’altro che divino. È semplicemente umano.
“Outra” viene da alter, una delle due, o l’una o l’altra. L’alterità si fa nel “non-io”, nel riconoscimento della differenza che ci permette di relazionarci, di essere al posto di chi non siamo, di sentire ciò che l’altro sente.
Causare o subire un cambiamento, trasformare qualcosa, alterare. Questo è quello che fa Sonia: alterare. Le sue immagini sono alterazioni. Di lei, della fotografia, di noi, degli altri.
Cercando gli altri intorno e dentro di sé, una donna può scoprire chi le ha insegnato ad essere, com’era una volta, che adesso non è più. Potrebbe scoprire chi vorrebbe essere d’ora in poi. Questo può portare alla percezione di aver sempre svolto male il compito di esistere. Tale impegno viene abbandonato dopo essersi occupati degli altri.
Quando una donna comincia a trascurare i propri impegni lascia cadere nello scarico del lavandino il significato della parola donna così come l’ha appresa, al singolare. Quindi devi masticare i fiori che i tuoi antenati non hanno mai ingoiato. Il tuo corpo, il nostro corpo, diventa la casa di coloro che sono venuti prima, sopravvivendo e ansimando. Saremo loro in alcuni momenti delle nostre storie. Nei gesti
e negli sguardi delle nostre madri, nelle pieghe del corpo delle nostre nonne, in ciò che non possiamo impedire che le nostre figlie si ripetano. Nelle differenze di coloro che sono sconosciuti, le cui realtà sono difficili da comprendere. Nella nudità di chi fugge dalla finestra.
Sottoponendo il suo corpo all’(anima)zione, Sonia rivela come un istante di sovrapposizione fotografica possa ingannare l’occhio, provocando la sensazione del movimento. E il sentimento si muove già molto. Una silhouette prende vita in un teatro d’ombre dietro il velo trasparente del crepuscolo. L’istante si estende all’infinito, per generazioni. Per un secondo, l’anima attraversa il proprio corpo
provocando quel brivido che non può essere bloccato né allontanato. Come lo spavento o il piacere. Stop-motion: pausa e movimento.
Cercare gli altri di sé richiede certamente il coraggio di non amare ciò che si vede, o di piacere molto, moltissimo. Il coraggio di non sapere più chi sono io, chi è lei e cosa di me è suo, cosa di mio non è più mio, cosa ci rende “altri”.
Quando Sonia dice “noi/altre”, noi siamo e anche cessiamo di essere. È forte la tentazione di sfruttare la certezza di sapere già chi è, associandola a ciò che ci è di più familiare. Siamo sedotti dall’idea che il corpo femminile debba essere sensuale in quanto l’eros, per noi è ciò che supponiamo ci sia in noi stessi. Ma la sensualità nelle immagini realizzate da Sonia sta nel registrare e imporre il proprio “corpoanima”.
Nel riposizionarsi più lontano dai luoghi che non ti appartengono più o nell’abbandonare quel luogo immediatamente dopo.
È così che molte donne aggrediscono la realtà “rimanendo vive”, infierendo con durezza e vigore. La casa è già demolita. Non è possibile trovare le donne tra le macerie, perché qualcosa o qualcuno le ha fatte fuggire prima del terremoto.

Diane Sbardelotto


Nós /Outras, tratti e autoritratti.

Gli occhi, le mani, lo sguardo fisso, sereno, malizioso, altero, semplice, inquieto, ironico, attente o distratte, ma sempre donne. Sono le foto del nuovo progetto fotografico di Sonia Loren, raccolte in tanti anni e realizzate in tanti diversi luoghi. Sono le donne che ci guardano, conosciute o sconosciute, accanto a noi, a volte lontane e distante da noi. Altrettanto siamo noi gli uomini che le guardiamo, sia esse
vicine, sia esse lontane. Questo racconto, instaurato tra uomini e donne non è sempre lo stesso, purtroppo tutti i giorni le cronache giornalistiche e del web continuano a parlare di “padre-padrone”, stupri e assassini di donne da parte di uomini violenti o malati.
Un mio caro amico filosofo, Alberto Biuso, professore del Dipartimento Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, tempo fa, nel commentare alcuni miei ritratti fotografici femminili, scrisse dei miei lavori, rivelandomi che per noi uomini “ogni donna è probabilmente la madre dentro la cui vulva si vuole tornare, si dispera di tornare”. Ogni donna è questo gorgo fascinoso e tremendo
dentro cui potere vivere e annullarsi e che nulla di familiare c’è nella donna, se non la vita stessa tutta intera che dona, non sempre a se stessa, ma certamente agli altri.
La fotografa Sonia Loren, che avevamo molto apprezzato nel corso del Med Photo Fest dello scorso anno, ci aveva sorpreso mostrandoci la propria visione della donna attraverso le immagini del proprio progetto “Submersa” che registrano la capacità di reagire alle disillusioni, potendo esprimere liberamente e con personalità i propri obiettivi, ma anche gli affetti, gli amori, le ambizioni e tutto
quelllo che provoca la ricerca e l’intensità del proprio spazio di vita.
Nel nuovo progetto “Nós -Outras” (noialtre) Sonia ci continua a mostrare, attraverso dei propri autoritratti (Nos) e ritratti di altre donne (Outras) quello che il “corpoanima” femminile, attraverso il superamento, l’eliminazione dall’oppressione, la realizzazione della propria sessualità e della libertà di potere agire liberamente, riesce a trasformare la donna in un’altra persona, non più donna da
sacrificare e da sottomettersi, ma un’anima che chiede con forza di vivere liberamente secondo il dettato della propria interiorità, non più schiava sottomessa, ma regina di vivere libere le proprie passioni e emozioni.
Le fotografie esposte al Med Photo Fest 2023, costituite da propri autoritratti e da ritratti di altre donne, sono state, a volte, riunite tra di loro in una o più immagini, realizzate in modalità e tempi diversi, indagate e realizzate in varie epoche, successivamente “ricostruite e ricreate” appositamente, anche attraverso la creazione di nuovi dittici. Tutto ciò per rivelare l’enorme potenzialità del “corpoanima”
femminile capace di potersi affrancare dalle “catene del pregiudizio” e di potersi adattare totalmente e liberamente, per finalmente sentirsi appagata come persona, unica e inimitabile.

Vittorio Graziano





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