Mostre Personali 2025 – Margherita Vitagliano – No one touches Eva



Nata a San Martino Valle Caudina (Avellino) nel 1977, con studi artistici alle spalle, da autodidatta si avvicina alla fotografia dopo la nascita del figlio, facendosi strada in questo mondo partecipando a vari concorsi nazionali ed internazionali ottenendo lusinghieri risultati.
Le piace dire di lei “Non sono una fotografa, ma amo fotografare perché attraverso la fotografia cerco di esprimere quello che sono e che sento”.
Attualmente vive a Timperley, a sud di Manchester, con la sua famiglia e la passione per la fotografia, è la sua via d‘uscita dal grigiore quotidiano. Scrive anche per il quotidiano italiano “Giornale Sentire” commentando con le sue foto angoli di vita e notizie inglesi.
Per fortuna siamo ancora sensibili alle foglie. E di fronte alla proposta fotografica di Margherita Vitagliano, avvertiamo diretto, senza giri di parole, il pugno sferrato allo stomaco, al nostro stomaco. Riusciamo, così, a provare “qualcosa” di quel che stiamo vedendo e siamo costretti a comprometterci con l’immagine costruita dalla fotografa. “Comprometterci”: perché Vitagliano ci rende evidenti, con richiami alla nostra cultura, fede e sensibilità, i simboli della sofferenza, della violenza, della dissacrazione, dell’abbandono.
La storia dell’arte occidentale ci ha consegnato, invero, tante scene di crocifissione e gli artisti si sono sbizzarriti nel trovare positure, sfondi, contesti tanto più raccapriccianti e pietosi quanto più verosimili. Queste rappresentazioni hanno raggiunto il nostro tempo solo quando sono entrati nell’ordine dei capolavori. Oggi, il simbolo per eccellenza della cultura occidentale deve farsi cronaca, deve stillare col sangue di una donna, una donna lasciata sola. Ma la cronaca, quando come nella nostra artista si esprime con la fotografia, quella “cronaca” diventa kronos ovvero un’icona di violenza, di bestialità, di incapacità, di solitudine.
La fotografa nel riflettere sulla violenza esercitata sulle donne non agisce con una similitudine (violenza come crocifissione), e, meno che mai, come un’analogia (crocifissione uguale esperienza di violenza), Propone invece una metafora ovvero la sostituzione di un immagine propria (la crocifissione) con una immagine figurata (la medesima crocifissione) trasposta di significato per la presenza di una donna. Un significato che naturalmente non perde il significante impatto di sofferenza ma coinvolge – dissacranti, profani quanto volete – le simbologie che vuole sottintendere.
La memoria corre inevitabilmente all’opera fotografica di Andres Serrano, portatore di una poetica decisamente dissacratoria; ma noi confidiamo che il vecchio simbolo possa recuperare l’antico significato di pietà e riscatto.
Pippo Pappalardo
No One Touches Eva
Questo progetto nasce per denunciare la violenza sulle donne.
Eva non è solo una bambola: è il simbolo di tante donne vere, ferite nel corpo e nell’anima.
Il suo corpo è esposto, sporco di sangue, crocifisso su un giornale.
Con questa immagine voglio rappresentare come la società, i media e le persone guardano al dolore femminile: spesso con indifferenza, a volte con curiosità morbosa, raramente con rispetto.
Il titolo “No One Touches Eva” è un limite, un grido:
nessuno ha il diritto di fare del male, di giudicare, di possedere. Eva siamo tutte.
E tutte meritiamo rispetto, voce, libertà




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